Commento dell’editore e quarta di copertina
Come leggere un ritratto monetale medievale?
L’autrice accompagna il lettore in un mondo visivo mai esplorato finora con questa ampiezza, ricostruendone le origini a partire dai precedenti nel mondo greco e romano, ed esplorando immagini sovrane dall’alto Medioevo fino agli inizi del Rinascimento in tutta Europa.
Sono ritratti tipologici, di categoria: un re ha corona e scettro; un vescovo mitra e pastorale; un duca è armato. Non si può cercare una fisionomia realistica in un tempo in cui il concetto di individuo era molto diverso dal nostro: semmai si potevano indicare baffi o barba, anche se non sempre possiamo essere certi della loro effettiva ‘realtà’.
Ma perché Carlo il Calvo? Il soprannome di quel sovrano anticipa questa conclusione: Carlo sembra avesse infatti molti capelli e sui rari ritratti monetali le foglie della corona d’alloro si intrecciano ai capelli: nome, ritratto e fisionomia sono elementi non sempre in accordo.
I ritratti erano importanti: segno di potere e di forte affermazione, mostravano la presenza del signore e ne manifestavano l’autocoscienza.
Per un ritratto monetale – di qualsiasi periodo e forma esso fosse – era imprescindibile un presupposto giuridico e non sono rari gli ‘abusi di ritratto’, come quello di Azzone Visconti a Cremona; ma si conoscono anche sovrani che non furono interessati a esporsi su moneta, e altri che invece ci provarono senza successo a causa dell’opposizione locale.
In queste pagine incontreremo la treccia annodata di re Dagoberto I e gli occhi globulari di un re norvegese, le immagini di Barbarossa e Federico II e di molti altri. Tra Medioevo e Rinascimento il marchese di Mantova ebbe due ritratti monetali: il primo, ‘medievale di categoria’ come uomo d’armi a figura intera nel 1446, ed il secondo, ‘del Rinascimento’ con la sola testa nel 1472, quando ormai egli aveva raggiunto uno status adeguato nel quadro politico del tempo: il marchese era un uomo accorto e conosceva le regole, anche quelle del ritratto.